La divulgazione dell’ignoranza: l’ignoranza uccide

Da Roberto Benigni a Dario Fo, da Umberto Broccoli a decine e decine di illustri esponenti dello spettacolo, del sapere, del giornalismo, il tarlo dell’ignoranza “coltivata”, e con noncuranza divulgata, tutti e tutto rode e corrode: la distribuzione abborracciata di “conoscenze” genera la sfrenata proliferazione della neoplasia della cultura, la cui patogenesi è da rintracciare soprattutto nella superficialità,  nell’incompetenza, nella presunzione “al soldo del soldo” e del facile successo senza pudore alcuno.

Chi con un minimo di cognizione e di attenzione ascolti i protagonisti dei programmi radiofonici e televisivi nelle loro quotidiane performance, non potrà non rendersi conto della decadenza dell’eloquio e delle vacillanti conoscenze grammaticali di conduttori, giornalisti, esperti, docenti di ogni “ordine e grado”, specchio di una crisi più vasta, e certo profonda, della società in generale e della cultura in particolare. L’approssimazione, la sciatteria, non raramente l’ignoranza, dominano lo scenario, con ripercussioni sicuramente gravi sul pubblico dei fruitori, già mediamente incolto e non proprio reso più dotto dalle lacune di siffatti “maestri”.

Qualcuno potrebbe scambiare per pignoleria i rilievi che verranno mossi in questa scheda, potrebbe essere indotto a giustificare gli svarioni degli attori mediatici, bonariamente considerandoli come semplici lapsus o distrazioni: sarebbe troppo comprensivo, permissivo addirittura, sottovaluterebbe il fatto che gli spropositi sono innumerevoli, reiterati, giornalieri, e che appartengono a una tipologia troppo precisa per essere casuale e da ascrivere alla categoria degli inevitabili abbagli umani. I quali sarebbero certo degni di bonaria indulgenza.

Ricordo un’intervista che fece seguito alla presentazione del Poema Mythos nelle adiacenze della Sala delle Colonne, a Montecitorio, nell’Ottobre del 2007: nel tentativo di esprimere la simbiosi corpo-mente attraverso l’aforisma latino mens sana in corpore sano, integrandolo con l’espressione rovesciata corpus sanum in mente sana, influenzato dalla concordanza finale della seconda frase, che già mentalmente predisponevo, ebbi a dire, senza accorgermene, mens sana in corpore sana, con gravissimo disappunto al momento del riascolto. Quell’errore fu chiaramente dovuto a stanchezza, a momentanea perdita di controllo, ma non potrebbe essere considerato in questo modo se tale o simile marchiana cantonata io andassi ripetendo sistematicamente.

Quello che invece capita ai presuntuosi gestori e protagonisti dei mezzi di comunicazione di massa, che abitualmente non usano il congiuntivo e l’indicativo in modo corretto, che trascurano continuamente le concordanze, che esibiscono incessanti e inconcepibili ignoranze grammaticali e sintattiche di ogni sorta, congiunte a colpevole carenza di preparazione sotto il profilo delle nozioni, che non hanno il minimo rispetto del pubblico cui si rivolgono, giovandosi della sua sprovvedutezza, profittatori spesso profumatamente pagati e clamorosamente decantati.

Più di mille parole valgono i documenti, che voglio divertirmi (ma non troppo) a sottoporre al lettore.

Cominciamo con un vezzo diffusissimo: l’uso del plurale fila in luogo di file: immaginate “le fila in autostrada” e “le fila a uno sportello” e forse vi accorgerete subito del demenziale snobismo: fila è plurale di filo e non capisco il modo in cui possano esistere i fili in autostrada o agli sportelli, mentre capisco di più che possano reggersi “i fili del discorso” e correttamente dunque “le fila del discorso”. Sentiamo il corrispondente da Londra, Stefano Tura, nel GR1 delle 19,00 del 15 marzo 2010, secondo cui Ancelotti avrebbe avuto un calciatore “nelle fila del Milan“, nei fili del MIlan, cioè, che nessuno sa che cosa siano, a meno che il giornalista non volesse dire “nelle file” del Milan, unica forma corretta possibile…

Nello stesso modo il pubblico teatrale ha seguito Toni Servillo “nelle fila” (sempre nei fili dunque) del Teatro di Ricerca partenopeo secondo Antonella Chini, nel GR1 delle 8,00 del 2 febbraio 2010…

Adesso ascoltiamo Baba Richerm che “sparaglia” le carte nel GR1 delle 19,00 del 6 settembre 2008, quando ogni buon giocatore di scopone sa che le carte si “spariglia-no” (sparigliare – non sparagliare – significa disfare una pariglia)…

È ora la volta del Chiarissimo Direttore del Dipartimento di Economia della Bocconi di Milano, Professor Donato Masciandaro, che nel GR1 delle 8,00, il 5 febbraio del 2005,  ci dice che “i mercati si chiedono quale saranno le soluzioni adottate”…

Seguiamo poi come il verbo intransitivo “plaudire” possa diventare gratuitamente transi-tivo nello stile pregiato della Dottoressa Annalisa Manduca, nel corso della puntata di Benfatto del 17 marzo 2010: “lei plaude questa legge” dice in modo non proprio “benfatto” la Manduca alla Professoressa Giovanna Salvioni, che nella risposta… la correggerà… Il verbo plàudere o plaudìre è transitivo molto raramente e nel significato di “approvare entusiasticamente” (Devoto). In questo caso ci sembra che si dovesse proprio dire “plaude a questa legge”.

È il turno del Presidente della Coldiretti Sergio Marini, che nel corso della rubrica Questione di soldi del 10 settembre 2008, inventa la voce verbale “contraffaggono“, da contraffare, come se il verbo fare alla terza persona plurale dell’indicativo presente si coniugasse “essi faggono” anziché “essi fanno”…

Non parliamo di Maria Gianniti, che in Radio anch’io del 6 maggio 2011 dà un saggio di sapienza con la terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo accadere, coniugando come fanno i bambini “accaderà” invece di “accadrà”: io accaderò, tu accaderai, egli accaderà… quale corso di specializzazione avrà seguito la giornalista?…

Ora sentiamo come anche la Chiarissima Professoressa Giovanna Salvioni, dell’Univer-sità Cattolica di Milano, incorra in un errore grossolano, sempre durante la puntata di Benfatto del 17 marzo 2010, usando a sua volta transitivamente il verbo sempre intran-sitivo “usufruire”: “il tatuaggio che è più usufruito dai giovanissimi” dice la Professoressa, anziché “il tatuaggio di cui i giovanissimi più usufruiscono”, come se avesse detto “il letto che è più volentieri dormito dagli uomini” anziché “il letto nel quale gli uomini dormono più volentieri”!…

Ancora Annalisa Manduca si produce in un saggio di eloquio letterario quando afferma “ragionando su quella che possono essere” il 17 marzo 2010 (Benfatto)…

Altrettanto raffinato, nel corso della stessa trasmissione, è il dermatologo Dottor Marcello Monti, che dice: “Ma è tutto la filiera che deve essere vista“…, o ancora si distingue la Professoressa Giovanna Salvioni che parla di “linee apotropaici“…

Lasciamo perdere Roberto Benigni, che costituisce per ossimoro “l’esteso compendio”, la rassegna completa, insomma, del non sapere accolto come altissima scienza, o limitiamoci a un esempio che valga per tutti gli infiniti possibili: “Coloro gli ignavi sono quelli i peggio di tutti, propio Dio non li guarderà mai più nella faccia, popio mai per l’eternità, sono coloro che… Dio gli ha dato il dono più grande, il libero arbitrio e noi non lo usiamo, perché è una legge scegliere, appartenere, seguiree, prendere delle responsabilità, sei vivo, ora. Ci son du maniere di perdersi, no: una è scegliere il male invece del bene, perché uno ne ha sùbito dei vantaggi immediati, ed è una cosa tremenda, e l’altra è non scegliere né l’uno né l’altro, una via più lunga, ma dalla quale non c’è ritorno, la peggio di tutti. E quindi quando noi in televisione a volte vediamo che abbiamo a volte indifferenza di fronte all’orrore, no, bisogna avere orrore dell’indifferenza, essere sempre presenti, capire proprio che dobbiamo scegliere (applausi), appartenere (applausi più intensi), sapere che siamo vivi in questo momento: ce lo fa proprio sentire chiaramente Dante, eh, lo sentiamo proprio distintissimamente. E poi, e poi sapere che quando si sceglie il male, quelli che sono i furbi – ora non voglio fare un discorso che il mondo è diviso un bene e un male (che sembra l’Apocalisse), son quelle cose che dice Bush, così che gli fa co… – però è vero che nel mondo ci sono persone per bene e persone per male, nel senso ci son persone che gli piace fare del male, perché ci guadagnano, ne hanno un vantaggio” declama in modo risibile il saltimbanco che ha ridotto la Commedia a materia claunesca…

Di Dario Fo vale la pena ricordare soprattutto il De vulgaris eloquentiam (!) e quello che il giullare ne chiacchiera, che per un Nobel per la Letteratura è davvero il colmo, visto che Dante ha scritto in primo luogo il De vulgari eloquentia e che in secondo luogo l’opera non è certo la “strana cosa” di cui parla il luminare di Sangiano… [1]

Possiamo a questo punto biasimare anche i tanti spropositi di Umberto Broccoli, il conduttore di Con parole mie ed altro, e citare il suo “ossimoro”, che è però una sinestesia e non fa onore all’illustre Sovrintendente ai Beni Culturali di Roma: “Pensate che ossimoro, vedere per radio il profumo, mamma mia!”… [1]

Tornando a protagonisti di minor richiamo, non si capisce l’esigenza, di taluni, della pronuncia sdrucciola di parole piane, come mòllica al posto di mollìca, vezzo quanto mai sgradevole, come dicessi pàrola in luogo di paròla! Il 25 ottobre 2010, nel GR1 delle 7,00 si sente ad esempio Paolo Poggio ostentare un bruttissimo “ìncavo” (pronuncia corretta: “incàvo”)…

Siamo all’omissione dei congiuntivi: “Non credo che sui giovani di oggi si può basare la canzone italiana”, dice la paroliera poi curatrice dei percorsi promozionali dei cantanti per le Messaggerie  Musicali e per la RCA, Mimma Gaspari, commentando in Radio anch’io del 19 febbraio il Festival sanremese 2010…  ”I ragazzi basta che si mettono lì…” le fa eco in stile quanto meno troppo informale Carlotta Tedeschi…, che durante la stessa trasmissione si produce in un anacoluto da brividi: “Anche Carmen Consoli… sembrava una canzone uscita adesso”… Ma non è solo il cattivo uso dei modi ad abbruttire il discorso di questi parlatori di professione: “Non se n’era accorta nessuno che era così bella” afferma il conduttore Ruggero Po, riferendosi ad una canzone di Bocelli, con grave mancanza di rispetto nei confronti della… concordanza, e non solo (“Non si era accorto nessuno che fosse così bella” avremmo voluto sentire)…; ma per non farlo sfigurare Mimma Gaspari dichiara: “Ieri sera c’è stata proprio uno show“…, oppure “E se domanila cantava Gene Pitney e Fausto Cigliano”… Siamo in pieno “disallineamento” morfologico: il maschile per il femminile, il singolare per il plurale e così via.

Appartiene all’ignoranza dilagante pure l’uso frequente di “meglio”, avverbio (più bene), al posto di “migliore”, aggettivo (più buono). Un esempio, del giornalista Paolo Giordano (Giornale): “Questo non vuol dire che le canzoni di oggi siano meglio“…

Non si può non riportare, infine, il sublime “Mimma Gaspari parlava che andava“, della solita Carlotta Tedeschi

Non ho riferito che pochissimi passi esemplari della rara perizia grammaticale dei “figuri” che dominano, senza avvicendamenti, la scena mediatica italiana. Basta un po’ di dimestichezza con il nostro idioma per comprendere lo sfacelo dilagante della lingua, ma anche del livello generale di cultura. Del resto, fino a quando la cura dei responsabili dei mezzi di comunicazione di massa si limiterà alla scelta delle sigle e degli intermezzi musicali o dell’impaginazione, trascurando la qualità dei programmi e degli interpreti o dei giornali, la parabola del crescente analfabetismo, per desuetudine dalle conoscenze o per mancato apprendimento delle medesime, non sarà destinata alla flessione.

Se non aveva ragione Gino Bartali quando affermava “Gli è tutto sbagliato, tutto da rifare”, almeno bisogna riconoscere che molto è da rifondare.

Amato Maria Bernabei

Fonte: http://dettaglitv.com/?p=5127

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[1] Su Benigni, Fo e Broccoli si può approfondire la questione nelle relative schede presenti sul sito www.dettaglitv.com per la serie “La divulgazione dell’ignoranza”.

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