Gli ultrà di Benigni, o comunque i suoi più accesi fan, non tollerano le critiche rivolte al loro idolo e indossano paraocchi di protezione anche di fronte all’evidenza, incapaci di una lettura serena delle argomentazioni che dimostrano l’incompetenza del comico toscano per il presuntuoso ruolo di esegeta e di divulgatore della Divina Commedia.
Spesso interpretano in maniera scorretta le critiche, non solo nelle sfumature, e ribaltano su chi “osa” sconsacrare il loro nume la denuncia di ignoranza, di saccenteria e perfino di “brama di visibilità”, quella che tanto frutta al “saltimbanco-illusionista” che troppi vorrebbero insignito addirittura del premio Nobel per la Letteratura!
Con il loro filtro di parte riescono perfino a considerare la critica indirizzata alle conoscenze precarie di Benigni come faziosa presa di posizione, a causa dell’infelice taglio ”politico” che l’attore ha voluto dare alla sua “operazione culturale”.
Tanto per fare un esempio: mesi fa rilevai e commentai in un blog, con intenzioni puramente letterarie, uno “svarione dantesco” del comico; mi fu chiesto con ironia, e in modo assolutamente incongruo, se avrei preferito affidare a Calderoli la lectura Dantis!
Per questa scheda traggo spunto da un twitlonger in replica a un mio messaggio breve su Twitter che invitava un’ammiratrice del suddetto “luminare” a riflettere sul caso del Tutto Dante, suggerendole la lettura
in http://www.odanteobenigni.it/?page_id=19
dell’introduzione del Saggio “O Dante o Benigni”, pubblicato dall’Editore romano Arduino Sacco.
“Ho letto con interesse e senza pregiudizi il suo scritto, ma più che leggere una critica costruttiva alla recitazione della Commedia da parte di Benigni, ho letto una quantità di parole atte a screditare la persona e non l’attore o il regista.
Detto questo lei può essere più o meno d’accordo sulla popolarità e professionalità di Benigni, può urlare il suo disappunto versi i media ai quattro venti, ma non può per questo, dimenticare e calpestare il fatto, che moltissima gente si è avvicinata al Sommo Poeta grazie a Benigni, tentennando forse, incantati dalla passione e forse anche da quello stesso sudore che lei tanto schernisce.
Con questo, lei è liberissimo di esporre la sua denuncia, magari non solo scagliandosi contro una persona, ma con esempi concreti, magari recitando lei stesso i versi della Commedia e a tal proposito, mi aspetto e pratendo da un professore che porta avanti una tesi, gli esempi della critica, ovvero: ‘Benigni nella Cantica x Canto xx versi xxy xxz dice così, invece è cosà’.
Personalmente diffido sempre di tutti coloro che si ergono a “educatori” – Di gente che voleva “educare” la storia è piena, dovrebbe saperlo – diffido di chi, nella home page del proprio sito inserisce un slogan politico “una scelta di campo”, diffido di processi mediatici seppur “divertenti” e ahimè diffido della saccenza e della superbia della persone.
Saluti
Pan Orao
N.B.
Pan Orao è l’etimologia della parola Panorama come lei ben sa, ma letteralmente si traduce con Vedere tutto, non vedere oltre. Pan = tutto, es: Pantheon = tutti gli dei.
http://tl.gd/ih6vvq
Ora, chiunque legga con serenità l’introduzione al Saggio (link citato in apertura) non può sostenere che vi si rivolgano critiche ad personam, addirittura tendenti a screditare Benigni, a meno che, per un qualche recondito motivo, il lettore non sia particolarmente suscettibile. Certo, io mi sforzo di “togliere credito” al comico toscano in qualità di dotto e di esegeta (non di attore e di regista), ma sono ben lungi dal diffamarlo. Io non nego malevolmente, né intendo ridurre, titoli di merito reale dell’attore, ma rilevo e contesto attribuzioni di qualità e competenze, da lui non possedute, elargite solo in vista di una clamorosa operazione di mercato che in nessun caso può avere gli effetti decantati. Perché non è vero che Benigni ha avvicinato Dante alla gente: nessuno dei suoi uditori può aver ricavato dalle sue lezioni bislacche un’idea vera della grande poesia dantesca. Dante non potrà mai essere popolare, mai compreso attraverso la narrazione artificiosa di “storielle” mal digerite, o attraverso una serie di citazioni sballate e fraintese, un’iterazione di “urlati” e vuoti aggettivi iperbolici di apprezzamento; attraverso il sentimentalismo, la facile commozione, la lacrimuccia da proscenio spremuta al momento opportuno, la gestualità sfrenata e ipnotica. Questi sono strumenti per lo show, non per educare l’uditorio alla Letteratura, all’arte, al sapere; questi sono strumenti per vendere merce, non per trasferire conoscenza.
Quindi io non “dimentico e calpesto il fatto che moltissima gente si è avvicinata al Sommo Poeta” grazie a Benigni, perché questo non è vero. Nessuno si avvicina alla matematica per merito di un Professore che insegna che 10 : 2 fa 3 o che la radice quadrata di 144 è 9! Nessuno si avvicina alla Medicina per merito di un Professore che insegna che il cuore è sotto l’ascella; nessuno viene avvicinato ad alcunché quando mancano il sapere e la sostanza di ciò che si vuole trasferire. Non basta dire che Dante è il più grande, che Dante è straordinario, che Dante è un poeta “memorabile”, se poi di Dante si dicono cose che con Dante non hanno niente a che vedere, se si annunciano alla gente sciocchezze come “La poesia è quel luogo dove quando dico io eee un fiume non è solo un fiume” (sonoro) e mille altre corbellerie del genere, sul poema dell’Alighieri e non solo!
Che poi mi si dica, senza cognizione di causa, che io non adduco esempi, non do riferimenti precisi, può essere solo frutto di lettura frettolosa, quanto meno non approfondita, perché in molte pagine di questo sito sono riportati perfino documenti audio a dimostrazione delle mie tesi; perché prima si dovrebbe aver letto il mio saggio, sempre puntuale e circostanziato nelle critiche e nei riferimenti; perché si dovrebbe essere davvero sgombri da pregiudizi, non solo a parole, ed avere il coraggio di mettere in discussione il proprio modo di vedere e meglio ancora i propri abbagli.
Mi si accusa di “saccenza” e di superbia: forse solo perché la verità fa male, o perché la “saccenza” non esiste (saccenteria è la parola corretta) e la passione culturale (quella viva e vera, non quella finta, sfoderata per raccogliere elemosine da milioni di Euro) viene scambiata per alterigia, per supponenza. Io non sopporto offese alla cultura, soprattutto quelle dell’ignoranza che si traveste da dottrina per soli scopi lucrosi.
Mi preme far notare che uno scritto deve essere valutato con attenzione in tutti i suoi elementi per essere compreso appieno, o almeno per non essere frainteso. Così, se io invito chi sceglie come pseudonimo PanOrao, ben conoscendo l’etimologia della parola (vedo tutto), a “vedere” oltre, scrivendo solo il verbo vedere tra virgolette, significa che esorto l’interlocutore a non limitarsi a “vedere”, sia pure tutto, ma a comprendere, a “vedere oltre”. Ringrazio comunque la frequentatrice di Twitter per la sua “lezione” di etimologia, per quanto fuori luogo (‘lezione’ rivolta al mio tweet “Lei ha piena libertà di scelta, ma, in quanto PanOrao, la invito a ‘vedere’ oltre…”).
Con la flessibilità che mi contraddistingue ho modificato quello che l’interlocutrice definisce “un slogan politico” (forse voleva scrivere ‘uno slogan’) nella prima pagina del mio sito, per non urtare la sospettosità e l’irritabilità di visitatori condizionati da una visione partitica delle cose, precisando tuttavia che l’espressione “scelta di campo” appartiene se mai alla sfera dello sport, del calcio, per la precisione, che prevede all’inizio di ogni partita che il capitano favorito dal lancio di una moneta “scelga il campo” dove giocare il primo tempo dell’incontro. Più in generale il Devoto la indica come idiomatica, con il senso di
“scelta decisiva tra due posizioni alternative“
esattamente il significato che io intendevo attribuirle.
Insomma “omnia munda mundis”.
Va precisato, per concludere, che il senso di questa scheda poggia sull’esigenza di spronare tutti al giudizio imparziale, alla valutazione attenta delle obiezioni altrui; a non ritenere avversario, soprattutto “politico”, il primo che contraddice una nostra convinzione, a prendere in considerazione, insomma, le sue ragioni, in vista di un sicuro arricchimento della propria esperienza e, se necessario, di una correzione della propria ottica.
Chi vuole continuare ad amare quello che Benigni propone, anche per mera tifoseria, è libero di farlo: la sua scelta però, scaturendo dal confronto ed avendo acquisito “piena avvertenza e deliberato consenso”, sarà più scelta, ed avrà magari più valore.
Amato Maria Bernabei
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