Verba volant, scripta manent…

 ADESSO ANCHE LE PAROLE RESTANO

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E VEDE QUESTE DUE CHE ABBRACCIATI, ABBRACCIATI VOLA
E LUI GLI INTERESSA QUESTE DUE ANIME 
(Roberto Benigni, Inferno, Canto V, RAI)

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Le parole volano, gli scritti restano. Un motto che va sicuramente aggiornato, perché la moderna tecnologia incide su nastro o in Kb anche immagini e suoni: tanto che possiamo ormai affermare che sicut olim scripta, nunc verba quoque manent (come un tempo gli scritti, adesso anche le parole restano).
Le parole dunque non “volano” più, e chi le dice dovrebbe usare la stessa prudenza, la medesima assennatezza che una volta si suggeriva agli estensori di documenti scritti, prove incontrovertibili del pensiero espresso.
Eppure nessuna accortezza sembrano manifestare le sfacciate ignoranze contemporanee, che non hanno alcun pudore, né forse possono averlo, se questo è frutto di consapevolezza della cosa di cui aver ritegno.

Così Umberto Broccoli può ostentare un Latino dalla grammatica improbabile che esiste solo nella sua mente e spacciare sinestesie per ossimori, o citare a vanvera il Manzoni (http://www.odanteobenigni.it/?p=815); professoroni universitari possono permettersi svarioni da alunnetti (l’Onorevole Professor Francesco Boccia dichiara per radio, di un giornalista: “Spero non cadi nella tentazione”…); giornalisti e personaggi di vario genere parlare in modo sgrammaticato (http://www.odanteobenigni.it/?p=1548); il Nobel 1997 per la Letteratura, Dario Fo, al settimo posto nel 2007 nella lista dei maggiori geni viventi (The Daily Telegraph) può riferire che Dante ha scritto il “De vulgarIS eloquentiAM” e dire, del trattato, inaudite sciocchezze radiofoniche, in un Italiano per giunta precario per un genio insignito a Stoccolma (http://www.odanteobenigni.it/?p=782); e Benigni può sproloquiare nefandezze su Dante, non curandosi che qualche meno abbagliata e più diligente persona possa accorgersi della sua vergognosa incompetenza
(http://www.odanteobenigni.it/?p=1382).

Se le parole non “volano”, si librano però fitte mandrie di asini, non più bizzarre creature della fantasia, ma incarnate metamorfosi collodiane, che ragliano ignoranza sbattendo ali pelose in foschi cieli di decadenza… un tempo azzurri, per le rincorse delle rondini.

Amato Maria Bernabei
19 Agosto 2013

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