FRAMMENTI
DALLA PREISTORIA DELL’UOMO
P O E M E T T O 1989
* * * * * * *
PROEMIO
Andiamo
sulle strade del vento
che porta le parole dei tempi
dell’uomo, il canto
lungo e tremulo 5
che indusse il sangue per generazioni
fino alle nostre vene.
Beviamo le parole
di una storia remota
che ruota ancora 10
fragile e vicina
tra le luci distratte
delle sponde
dove il giorno e la notte
muoiono. 15
Così nacque, così
ripete il passo, misurato
da orologi invisibili
che tagliano lo spazio
di rintocchi. 20
.
ALBA
Se rotolò dal vento
o se premette, se cadde
o se fu grano,
un giorno vide tenebre
stellate o vigorose 25
frecce di luce, cortecce, fronde,
fiumi,
scaglie di onde, fuochi
di vulcani. Sentì
che si spaccava il cielo 30
di fragori,
che la terra fremeva
una focosa giovinezza
ed innalzava rocce
o rovinava in crepe 35
profonde.
Vide la prima luna,
ne sentì le mani
scostare frange fitte
per segnare un àdito. 40
Gli giunse nelle grotte
lo spirito vagante
del mare.
Ed era solo l’alba,
marezzata di perle 45
e stretta da indistinte
angosce.
.
IL LETARGO INFINITO
Andiamo
sulle strade del vento
che porta le parole dei tempi 50
ma non cede il segreto
dell’istante
che dall’inconsapevole torpore
destò l’uomo.
Nato nelle galassie 55
dagli ignoti fermenti
del Caos,
incandescente germe
di vita nella materia
esanime, fuggiva 60
nel silenzio tormentoso
degli spazi
e non sentiva.
Scoppiavano le lave ribollenti
sprigionando vapori, 65
disordinate e libere
ma inclini
alla cadenza.
Così la corsa folle
s’impigliava nel tempo 70
(ogni ciclo inesausto
che riprende un accento)
divenne prigioniera
della forza di un astro
e seguitò nell’orbita 75
l’affanno laborioso.
Ma l’uomo non sentiva.
Più volte fu scagliato
nel rimpasto
da lingue altissime, 80
più volte inabissò,
con l’oro e il ferro,
accanto a semi d’ali
e di vette,
artigli e manti 85
di belve, foglie e canzoni
di ruscelli.
Non sentiva,
senza memorie
e senza vane attese, 90
immerso
nel letargo infinito.
.
IL RAFFREDDAMENTO DELLA TERRA
L’incessante fervore,
mai sfinito, urtava intanto
il freddo siderale: 95
cedeva la solare
tempra e s’incrostava lenta
la superficie
dell’informe abbozzo.
Già mutavano al passo 100
le stagioni, di fronte al raggio
che cambiava retta,
e ripassava al tornio
l’irrequieta sfera, più densa
al modellante impatto. 105
Fu increspata di cime,
aperta in solchi ampi,
si contorse o distese,
imprigionò le ombre in ànditi
nascosti, in viscerali 110
profondità, o si dispose
in piane attese
alla luce.
Si scosse inquieta, scrollò
forme indecise, emerse, 115
cedette in frane polverose,
ricompose profili, indocilmente
spinta
da un’anima di fuoco.
.
L’ACQUA
Sull’insonne lena 120
corse un presagio nuovo.
Chiudeva il sole
lentamente un cupo
incantesimo, rubando
le lunghe ombre alle montagne. 125
Improvvisi bagliori lanciavano
sinistri scoppi, rotolavano
torbidi rumori
lungo il silenzio.
Poi la terra fu colta 130
e l’acqua imperversò,
l’acqua frugò,
la permeò, discese
in fondo a tutto.
Colmò le conche aperte 135
contro il cielo,
s’inazzurrò.
E quando il vento la toccò
e si mosse in onde
essa si accorse 140
d’essere mare.
Il sole ritrovò l’opaca
crosta sparsa di occhi
palpitanti, vivi
sprazzi in cui la luce 145
si colorava,
e li sfiorava il raggio,
perdendo
lungo il bàndolo dorato
ogni favilla. 150
Così la terra
cinta di un diffuso
chiarore nuovo,
al volgersi di un giorno
che sbiadiva 155
colse
sulle riviere dello spazio
tutte le tinte che perdeva
il sole,
colse un tramonto. 160
.
L’INCONTRO FECONDO
E fu nell’acqua
che la prima vita
si mosse, che fu sedotta
la materia, che si chiuse
il cerchio; dove l’incontro 165
che non fu fecondo
nel fuoco,
pulsò nel ventre umido
del mare.
Poi si riprodusse, 170
popolò i fondali, si abbandonò
al furore delle onde,
si sparse
sui lidi frantumati,
si diede al vento 175
e percosse le rocce
e scivolò sulle pianure
vaste,
mutando forme.
Orologi invisibili 180
tagliavano lo spazio
di rintocchi.
EDEN
Il vento trascinava
misteri di foreste,
aveva labbra 185
gonfie di suoni e di sussurri,
di secchi schianti
e gridi,
e di croscianti azzurri.
La marea stormiva 190
ripenetrando nella fine
ghiaia, o s’arruffava
all’insistente soffio,
o tuonava
irrompendo in tonfi. 195
Rispondevano
flussi impetuosi
precipitando dalle alture.
Sulle pianure aperte,
per le balze, 200
negli anfratti, tra i rami,
tra le onde, nell’aria,
l’istinto delle bestie
si accaniva
per fame o per amore. 205
Già si nasceva e si moriva,
senza presagi o turbamenti,
senza meditate paure.
.
ÁNTROPOS
Accadde.
L’infinito letargo 210
fu toccato da un lampo,
si scosse
dall’equivoca penombra
l’uomo.
Ora si accende l’universo 215
alla coscienza primitiva
e pulsa,
grande scenario percepito,
colorato mistero
in cui s’immerge un’ansia 220
indagatrice.
Ora si accende la smaniosa
terra che naviga
sui fianchi del sentiero
solare: alla coscienza 225
primitiva induce
l’oscillante cadenza dove attinge
la luce e l’ombra
e nell’alterno pèndolo
la invita 230
fino alle stelle.
Si scosse
dall’equivoca penombra
l’uomo.
.
ARTEFICE
Ai primi passi tentennò, 235
si mosse disorientato:
e trasaliva ad ogni nulla,
assente
alla misura del dono.
Si riparò d’istinto 240
in un vicino cavo
e pensò.
Il dono
lentamente
gli si svela. 245
Gli appare la ricchezza
delle cose intorno
e le tocca, le tenta,
le converte all’uso.
Scagliò una pietra 250
contro il primo ventre
assalitore e lo spronò
il successo.
Scrutò i nodosi rami,
le liane flessibili 255
ed i sassi acuminati:
meditava un’arma
di difesa e di caccia.
E l’ebbe.
Ma non pago, scorse 260
che l’urto sgretolava
i massi: colpì la selce
con rudezza,
poi con arte.
Vide la saetta 265
che divorava il bosco,
dominò la paura
e le sottrasse
un tizzo ardente:
e teneva la fiamma 270
di ceppo in ceppo
perchè non la perdesse.
Poi comprese.
Così riconquistava la scintilla
con semplice magìa. 275
.
DÁIMON
Ma non capiva la vicenda
strana degli assalti
del mare e della terra.
L’atterriva il boato
delle frane e la valanga, 280
il tremito improvviso
del pianeta
che si squarciava,
l’urlo dell’onda livida,
la tenebra 285
funesta che predava
la luce al pieno giorno.
Non capiva il sole
ed i rovesci, ogni ritorno
della notte; si stupiva 290
di non veder la luna
e di vederla,
del fermento di luci
che spargeva l’ombra.
Lo sbigottì l’inerte 295
sguardo di un compagno,
lo spirito perduto
che non corse
al grido della caccia.
All’inesperta mente 300
la paura
inòcula il sospetto:
pare la natura celare
in ogni forza
un dèmone. 305
Allora l’uomo espresse
la preghiera in riti
magici al perverso
nume, s’illuse di placarne
l’ira in sacrifici 310
e danze, esorcizzò l’occulta
sete di rovine,
esorcizzò il terrore
manifesto.
.
SENTIMENTO
Orologi invisibili 315
tagliavano lo spazio
di rintocchi.
L’uomo giaceva
e procreava; godeva la compagna
come un frutto 320
spiccato al ramo e ne grondava
di pervaso piacere.
Animalesco e ruvido
mordeva
gli umori della donna, 325
ansimava di vita
spargendo il seme.
E lei si abbandonava
al primitivo brivido
guardando il cielo 330
che le impallidiva.
Ma l’uomo ancora
non aveva spinto lo sguardo
nello sguardo misterioso,
dove il mare s’increspa 335
ed è profondo,
e non s’era fermato
all’inquietante
richiamo di un sorriso.
L’istinto cede, 340
arde un sentimento mosso
da un cielo
che si capovolge:
intenerito appena
porge un dono. 345
E lei si abbandonava
al brivido
perdendo il sole.
.
DELITTO
Violento era l’azzurro
e morbida la voce 350
della risacca.
Come distratto
il vento si mischiava
ad altri voli.
Quel giorno all’uomo 355
non bastò l’immenso
spazio verde, la foresta
senza limiti, lo stormo
degli uccelli e il fitto branco
al pascolo selvaggio. 360
Volle imitare il dèmone
temuto.
Aguzzò l’arma, ripensò ed attese.
La morte
senza occhi già gridava, 365
ma violentata
nel suo grembo nero.
Sente colpita la sua ombra,
gode
la furia della lotta 370
e perde il velo
lordo di sangue…
e non patisce d’essere
costretta:
strappa la vita 375
e fugge
inorridita.
Un uomo ha gli occhi
nel violento azzurro,
gli scivola sul corpo 380
la risacca.
L’altro ripose l’arma
ed avvertiva
la vendetta del dèmone
tradito. 385
.
IL SORTILEGIO
Quando di bacche e frutti
la natura pareva gretta
e per le spente
pianure la fame sospingeva
i magri armenti 390
a lontane pasture,
di grotta in grotta
portava la stagione
avversa l’uomo.
Restavano le tracce 395
di un figurato rito
sulle chine rocce
degli antri:
il vano sortilegio
onde sperò di ritrovare 400
la dispersa preda
o propiziò l’attacco.
E forse accese,
la primordiale tela,
un attimo di ebbrezza, 405
la prima luce debole
dell’arte.
.
FRUGES
All’insaziata voglia
di entrare nel mistero
si snoda un ripido 410
sentiero secolare.
L’uomo fu sempre intento
ad ogni voce,
ad ogni segno, pronto
al movimento. 415
Notò che il fiume logorava
il monte e si piegò al torrente,
a modellare la scabrosa
crosta
delle punte scheggiate. 420
Scorse la corrente
che trascinava tronchi
ed orientò col remo
sulle onde
l’oscillante pagaia. 425
Fece guizzare al legno
le brillanti
scaglie tratte dall’acqua
e le ripose
nell’incàvo di un osso, 430
assaporando
il gusto della cena.
Scrutava.
E vide dalle frettolose
mani del vento 435
cadere grani.
Al mutare del tempo
colse piante
rigogliose dai solchi.
E si tramuta in vento, 440
e sparge semi
nella terra tagliata,
li protegge.
Si ferma e cura,
sente l’emozione 445
di aspettare le messi…
e le raccoglie
ed alza il primo canto
alla natura.
Scava canali 450
perché l’acqua bagni
ed alimenti l’avida radice,
porge la frescura
al verde indebolito,
stacca 455
la fronda sterile, sostiene
lo stelo vacillante,
rompe la terra e la rimuove
e sente
tutta l’attesa del fiorente grano, 460
teme la sventura
dell’uragano…
Ma raccoglie il frutto
ed alza un grido
lungo 465
alla natura.
.
LO SPIRITO DELL’ARIA
Orologi invisibili
tagliavano lo spazio
di rintocchi.
L’uomo fu sempre intento 470
ad ogni voce, ed affinava
il senso e l’esigenza.
Sentiva il vento modulare
il soffio, se cadeva
dal monte o si gonfiava 475
in una gola, se scuoteva
le onde o le appoggiava
o se fioriva
al vertice di un ramo.
…E forse lo sorprese 480
ad infilare suoni
nei canneti.
Tagliò da nodo a nodo
un fusto breve
e soffiò, 485
poi diede vario sfogo
all’apice e sentì
voci diverse.
Così ricama il suo riposo,
aggiunge ai timbri naturali 490
un flebile
canto nuovo,
sparge lo spensierato
tempo di un frammento
di nostalgìa. 495
.
PASTORIZIA
Un giorno imprigionò l’errante
libertà dei pascoli.
Rincorse uno sperduto
vello di mandria,
lo trasse al laccio, 500
ne vinse
la stupita resistenza,
lo rinchiuse.
Altri ne costrinse:
e li adescava al comodo 505
pasto, alle cure,
li domava al contatto.
E quando fu più rada
l’erba,
si allontanò. 510
Vegliò sulle pendici,
nei mordenti spazi
del sole, lungo le penombre
dei fiumi; ripercorse
le grotte abbandonate. 515
Fu colto
da tramonti infervorati
dalle tinte,
ma svagati,
che perdevano l’anima 520
nell’ombra.
S’addormentò…
Bruciavano le stelle,
soffocate
nel cavo della notte. 525
Fu preda della gelida
tormenta: si difese
stringendosi alla lana
del gregge. Fu colpito
dai furiosi gorghi dell’aria 530
e della pioggia,
impietrito dal fulmine.
Ma poi blandito
dai distesi venti
degli equinozi, dalle onde calme 535
dei lidi, dai ridenti
giuochi dei rivoli.
Ed ebbe il dono
della prima lana, del latte,
e della carne che non fu inseguita 540
in trafelati assalti;
avvertì
la fidata compagnia
degli animali.
.
INCANTESIMO
Tramò la brina, 545
e i filtri delle bore
irretirono il tempo.
Cristallizzato
l’estro dei torrenti
taceva. 550
Fermo nell’ansa
il fiume
ripeteva il silenzio;
il mare, assorto,
dimenticava l’onda. 555
Mani protese
ed infinite braccia
sorprese dal maestrale
nel fruscìo,
dormivano 560
pietrificate.
.
TOTEM
Ma l’uomo conosceva
la magìa
che suscita la fiamma,
ed evocò 565
lo spirito del fuoco.
Fece schermo all’aria,
si riscaldò, si dissetò
svuotando la tenace
tempra nelle coppe 570
di pietra,
sparse al corpo
vigore.
Allora si rivolse il primitivo
istinto contro la natura. 575
Si avventurò nelle nevi,
si spinse
ai letarghi profondi,
alla lotta:
diede all’impari forza 580
il prevalente appoggio
della mente.
Scuoiò le pelli,
mangiò la carne cotta
sulle braci. 585
E visse.
All’orso, al primo Dio,
andò riconoscente
il culto.
.
RISVEGLIO
Il sole ardeva 590
e sciolse arcobaleni.
Il mare si riscosse
e dall’immenso alvo
si mosse l’onda:
rispose il bosco mareggiando 595
in verdi pieghe,
si destò la fonte
al bordo della roccia.
Tornavano le voci
dalla spenta armonia, 600
ripulsavano i battiti
del tempo.
L’uomo s’immerse
nel fermento nuovo
con rinnovato desiderio, 605
chiedendo un altro dono.
.
IL GIUOCO
La prima volta
balbettò parole
vuote, e cadde il suono
ad increspare un lago
muto. 610
Ritentò, si accorse
del vario risuonare
del docile strumento,
sentì che si piegava
la voce 615
ad ogni atteggiamento
dell’alvo.
Spiegò le corde
nei diversi accenti,
riprodusse 620
i sorprendenti effetti
nuovi, indusse
consapevoli accordi.
Si abbandonò al ventaglio
infinito del giuoco: 625
non vedeva ancora
il fertile mistero
della voce. Cadeva l’eco
ad increspare un lago
muto. 630
Poi, d’istinto,
per una meraviglia o l’improvviso
spavento,
gridò,
colse l’incontro 635
tra le cose e il suono.
Fu allora che vibrò le inconsistenti
sonorità nel fuoco
delle immagini,
le convinse alla forma, 640
parlò…
disse a se stesso
le segrete angosce
o l’illusione;
si spinse forse 645
all’astrazione, nacque
al pensiero.
.
INCUBO
Poi venne il giorno
in cui l’uomo credette
che il tempo rovinasse. 650
Forse gravato dai tramonti
ed al mutare
perverso dell’aspetto,
nelle forze spento,
patì l’angoscia 655
d’un’occulta bocca
divoratrice.
Forse colpito
dall’inerte sonno
attinse il sentimento 660
del passato e si smarrì
nel fiume
delle tracce irrevocabili.
O investito
da moti circolari 665
pensò che il ciclo
fosse la misura
o il passo corrodente
d’un’infinita dimensione,
pervasiva linfa 670
per ogni vena
dell’universo.
Pensò…
Mutò la primitiva
gioia nel penoso 675
dramma di vivere.
.
ILLUSIONE
Fu allora che indagò,
mosso dal sogno
di un’eco che rendesse
l’immateriale affanno, 680
che gli sopravvivesse
l’anima.
Fu allora che nell’arida
materia graffiò
la sua speranza muta, 685
incise inerti segni
assorto al vuoto senso…
udiva il sangue del silenzio
scorrere
senza presagi, sentì 690
lo spazio ingigantire
vuoto di forme…
il sogno si smarriva.
Incise inerti segni, assorto
al vuoto senso. 695
E un’improvvisa
fiamma strinse
in vincoli e fuse al segno
il suono, recò alla mente
un simbolo 700
per l’illusione.
Altri ne indusse.
Ora si arrende la materia
all’orma del pensiero
e stringe l’eco 705
dell’umana sorte,
prolunga nelle cifre
il tormentoso accento
della vita
e della morte. 710
Amato Maria Bernabei
10 Febbraio-27 Settembre 1989
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